La pretesa contributiva dell'INPS verso pensionati ENPAM

La pretesa contributiva nei confronti dei professionisti che non versano alle rispettive Casse.

L’articolo 2, comma 26, legge n. 335/1995 recita: “A decorrere dal 1° gennaio 1996, sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro  autonomo, di cui al comma 1 dell'articolo 49 del testo unico delle imposte sui  redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,  n. 917, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché i titolari di rapporti di  collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a), dell'articolo 49 del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di  cui all'articolo 36 della legge 11 giugno 1971, n. 426...”.

In forza dell'art. 6 D.M. n. 281/1996, come interpretato da numerosi atti interni (tra i quali la circolare n. 99/2011, il messaggio n. 709/2012, la circolare n. 72/2015), l'INPS ha effettuato una verifica sulle dichiarazioni reddituali di professionisti appartenenti ad albi professionali, dotati di autonoma cassa previdenziale; a seguito di tali accertamenti, l'Ente ha iscritto alla gestione separata tutti quei professionisti che percepivano redditi dall'esercizio della professione intellettuale, ma che non erano assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria presso l’Ente previdenziale di categoria, in ragione di specifiche esclusioni previste dagli statuti delle rispettive casse.

Per l'INPS, sussiste l'obbligo di iscrizione alla gestione separata di tutti coloro che, pur svolgendo attività professionale, non versano contributi alla propria Cassa perché rientranti in casi esclusi dai rispettivi statuti o regolamenti: ad esempio, perché magari la Cassa esclude l'obbligo di iscrizione per iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria, per attività diversa dall'esercizio della professione; oppure per ragioni legate al mancato raggiungimento di soglie reddituali o di fatturato minime. In tutti questi casi, l'obbligo, gravante sui professionisti, di versare alle proprie Casse eventuali contributi integrativi o di solidarietà non vale ad escludere l'iscrivibilità alla Gestione separata.

La giurisprudenza di legittimità, sposando la tesi dell’INPS, ha confermato che “la contribuzione integrativa non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa rilevante ai fini dell'esclusione dell'obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l'INPS” (tra le tante Cassazione civile , sez. lav. , 03/08/2022 , n. 24047). Essa, infatti, viene utilizzata dalle Casse per fini di solidarietà verso i colleghi e non al fine di contribuire al futuro trattamento pensionistico del professionista. Stessa irrilevanza, ai fini dell’iscrizione della gestione separata INPS, tocca ai contributi di solidarietà previsti da alcune Casse.

La contribuzione a carico dei pensionati ENPAM

In una circolare del 1996 (la n. 124/1996), l’INPS ha espresso la propria posizione relativa all’iscrivibilità di professionisti alla gestione separata, facendo richiamo esemplificativo all’ENPAM. Questo il passaggio rilevante: “Professionisti che versano alla propria cassa un contributo forfettario determinato in misura fissa. Come è stato precisato nella circolare n. 112 citata, ai sensi dell'art. 6 del regolamento n. 281, il professionista è tenuto al pagamento del contributo alla gestione separata relativamente ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria presso la cassa di categoria. Si chiarisce al riguardo che il pagamento alla cassa professionale di un contributo forfettario di importo non direttamente proporzionale al reddito, ma determinato in misura fissa, integra le condizioni per l'esclusione dal pagamento del contributo del 10% alla gestione separata INPS se, in relazione al contributo versato alla cassa, è prevista l'erogazione di un trattamento pensionistico. Qualora il versamento forfettario fisso sia invece effettuato a titolo di solidarietà' e non comporti la valutazione del periodo ai fini pensionistici a carico della cassa professionale - si cita a titolo di esempio, il caso dell'ENPAM - il reddito, fermo restando quanto stabilito dal D.L. n. 166/1996 citato circa la decorrenza dell'obbligo assicurativo, dovrà' essere assoggettato a contribuzione INPS”.

Prima del 2009, infatti, il regolamento del fondo di previdenza generale adottato dalla Fondazione ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici) prevedeva che per il medico ivi iscritto cessasse l’obbligatorietà della contribuzione previdenziale al Fondo Generale al compimento del 65° anno di età e che solo a domanda egli potesse continuare, sino al compimento del 70° anno di età, la contribuzione sia della quota A (un contributo fisso) che della quota B (contribuzione legata agli introiti da libera professione).

L'assenza di obbligatorietà del versamento della contribuzione previdenziale all’ENPAM ha spinto numerosi medici ultrasessantacinquenni, che pure continuavano ad esercitare la libera professione, a non versare più alcuna contribuzione, andando incontro, così, alle rivendicazioni dell’INPS per i contributi alla gestione separata, in una campagna avviata nel 2009.

L’ENPAM ha cercato di correre ai ripari mediante previsione dell’obbligatorietà della contribuzione anche a carico dei pensionati, prevedendo, oltre al contributo fisso della “quota A”, la possibilità di contribuire sul reddito ricevuto dall’attività professionale con un contributo ridotto a copertura della “quota B”, di appena il 2%.

Il contenzioso INPS, tuttavia, non è andato scemando fino a quando il decreto legge 06/07/2011 n. 98, convertito in legge 15/7/2011 n. 111, ha sancito, all’art. 18, commi 11 e 12, alcuni principi fermi per porre fine al contenzioso sorto in materia previdenziale sulla richiesta di contributi alla Gestione Separata INPS per i professionisti pensionati.

Il comma 11 dell’art. 18 ha introdotto l'obbligatorietà del versamento contributivo verso le Casse professionali a carico di pensionati che continuano ad esercitare la professione, prevedendo anche la misura minima di tale contribuzione (per evitare facili aggiramenti della norma con aliquote minime). La disposizione prescrive: “Per i soggetti già pensionati, gli enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto adeguano i propri statuti e regolamenti, prevedendo l’obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione a carico di tutti coloro che risultino aver percepito un reddito, derivante dallo svolgimento della relativa attività professionale. Per tali soggetti è previsto un contributo soggettivo minimo con aliquota non inferiore al cinquanta per cento di quella prevista in via ordinaria per gli iscritti a ciascun ente. Qualora entro il predetto termine gli enti non abbiano provveduto ad adeguare i propri statuti e regolamenti, si applica in ogni caso quanto previsto al secondo periodo”.

Il comma 12 dell’art. 18 d.l. 98/2011, invece, ha introdotto una norma di interpretazione autentica: "L'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11...".

Il combinato disposto delle due norme porta ad escludere dall'iscrizione alla Gestione Separata i pensionati, ancora in attività, che versano contributi alla propria Cassa, in conformità all'art. 18, comma 11, citato.

L’ENPAM si è adeguato prontamente alla prescrizione normativa, introducendo nel proprio regolamento del 2013 (e nelle versioni successive) l'obbligo dei pensionati di versare i contributi alla Cassa, con facoltà di richiedere il versamento del contributo in misura ridotta, pari esattamente alla metà di quello ordinario.

Gli strascichi degli accertamenti ispettivi.

Nonostante la chiarezza della norma induca ad escludere in radice la possibilità per l'INPS di rivendicare i contributi alla gestione separata nei confronti dei medici pensionati, che esercitino ancora attività libero-professionale, capita ancora oggi che alcuni appartenenti a tale categoria si vedano recapitare dall'Ente previdenziale nazionale provvedimenti di iscrizione d'ufficio alla Gestione Separata, con richiesta di contributi arretrati e sanzioni civili.

Il motivo di tali iniziative è da ricercare nel fatto che l'INPS, effettuando controlli tramite accesso alle banche dati dell'Agenzia delle Entrate, rileva, in capo al medico pensionato, la presenza di redditi da attività professionale, ma non il versamento di contributi all'ENPAM.

Il mancato versamento di contributi all'ENPAM, da parte del pensionato, può dipendere da molte variabili, quali la dimenticanza, l'errore di un commercialista che si basi su vecchi regolamenti della Fondazione, la cosciente violazione dell'obbligo contributivo imposto dal regolamento della Cassa.

E' certo, però, che l'inadempimento del medico all'obbligo di versamento dei contributi alla propria Cassa non fa sorgere l'obbligo dell'INPS di chiedere contributi alla Gestione Separata.

L'art. 18, comma 12, d.l. 98/2011, infatti, esclude che rientrino nel novero dei lavoratori iscrivibili alla Gestione Separata i lavoratori pensionati di cui al precedente comma 11. Purché esista per una categoria professionale, per cui è obbligatoria l'iscrizione ad un Albo, una Cassa di previdenza ed essa abbia previsto l'obbligo contributivo per i propri iscritti pensionati ancora esercitanti, l'inadempimento del professionista pensionato agli obblighi contributivi verso la propria Cassa legittimerà, semmai, quest'ultima ad agire per il recupero dei contributi non versati, ma giammai farà sorgere la legittimazione attiva in capo all'INPS.

Avverso gli accertamenti avviati dall'Ente previdenziale nazionale, pertanto, andrà semplicemente proposto ricorso amministrativo dando atto dell'iscrizione all'ordine professionale ed alla relativa Cassa, per ottenere lo sgravio di ogni pretesa. Solitamente l'INPS si adegua in autotutela, rimediando all'errore iniziale.

Ovviamente, lo stesso discorso vale per altri professionisti iscritti ad Albi dotati di propria Cassa di previdenza, che si sia conformata all'art. 18, comma 11, d.l. 98/2011.